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Carenza di Ferro

Il ferro è il microelemento più abbondante nell’organismo, svolge un ruolo fondamentale nel trasporto e utilizzo di ossigeno nei vari tessuti  attraverso l’emoglobina e la mioglobina che lo contengono; è parte integrante di molti enzimi implicati nella produzione di energia;  come cofattore del citocromo P450 partecipa alla sintesi del colesterolo, degli ormoni steroidei, degli eicosanoidi (regolano sist. cardiovascolare, coagulazione del sangue, funzione renale, risposta immunitaria, infiammazione, e altre funzioni) e della vit. D, e partecipa  al metabolismo e all’escrezione di xenobiotici e farmaci

La carenza di ferro è forse il problema nutrizionale più diffuso nella popolazione mondiale anche nei paesi che godono di condizioni socio/economiche più favorevoli.

In Europa si calcola che il 30% delle donne in età fertile e degli adolescenti è carente di ferro.

Tale carenza è dovuta alla caratteristica del ferro di presentarsi negli alimenti in una duplice forma chimica: eme e non-eme. Tali due forme non sono parimenti assorbibili dal nostro organismo.

L’assorbimento del ferro avviene perlopiù nel duodeno.

Il ferro eme è presente soprattutto nelle carni (le interiora in particolare), nei prodotti della pesca e in tutti i prodotti animali in genere e rappresenta il 40%  circa del ferro totale in questi alimenti. Il suo assorbimento non è modificato da altri fattori.

Il ferro non-eme rappresenta la quota restante (60%) del ferro contenuto nelle carni e nel pesce ed è presente in particolare nei prodotti vegetali e nelle uova. Viene assorbito in una percentuale inferiore rispetto al ferro eme. Le diete vegane forniscono esclusivamente ferro non-eme.

L’assorbimento del ferro, sia eme che non-eme, avviene in proporzione inversa alle riserve di ferro nell’organismo. Tanto più il ferro scarseggia, tanto più l’organismo ne attiva l’assorbimento.

In condizioni fisiologiche di corretto apporto e sufficienti riserve di ferro, la forma chimica maggiormente assorbibile dal nostro intestino è il ferro eme.

Quando le riserve diminuiscono , l’assorbimento del ferro non-eme sembra superiore a quella del ferro eme.

L’efficienza di assorbimento del ferro non-eme dipende da diversi fattori assunti nello stesso pasto:

Fattori favorenti: il consumo, nello stesso pasto, di alimenti che contengono acido ascorbico (vit. C) e cisteina e in generale di alimenti acidificanti e di proteine animali, migliora l’assorbimento del ferro.

Fattori inibenti: l’acido fitico  che si trova soprattutto nei cereali integrali, legumi e frutta secca e i polifenoli come l’ac. tannico e clorogenico che si trovano nel caffè, nel tè, nel vino rosso e molti cereali e spezie; il consumo nello stesso pasto di elevate quantità di calcio contenuto soprattutto nel latte e derivati; le proteine della soia e le uova.

Entrambi i fattori (favorenti o inibenti) possono far variare di dieci volte, in più o in meno, la quantità di ferro assorbito.

L’assorbimento del ferro, sia eme che non-eme, è correlata anche alla presenza di altri elementi: vit. B12, ac. folico e rame. Per es. il rapporto ferro/rame  deve essere 0,8. Se tale rapporto è cronicamente squilibrato, si può verificare anemia. Questo rapporto sembra essere indicatore di funzionalità immunitaria. Quando tale rapporto è elevato, l’individuo presenta un terreno favorevole allo sviluppo di infezioni batteriche. In caso di dominanza del rame, il terreno è predisposto allo sviluppo di virus e funghi.

Il gruppo alimentare “Cereali e derivati” risulta la prima fonte di ferro e fornisce il 31% del ferro assunto, con il 18% che proviene da pane e pasta. I gruppi “Carne e derivati” e “Verdure e ortaggi” forniscono rispettivamente il 17% e il 14% del totale (Dati ex Inran 2009).

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